RISCHI SUICIDARI NEI RAGAZZI E CAUSE CORRELATE: COME INTERVENIRE

Suicidi tra i giovani: è allarme ricoveri. I dati dicono che dall’inizio della pandemia ad oggi l’incremento dei tentati suicidi nella fascia giovanile segna un più 40% solo all’Ospedale Bambin Gesù di Roma. E In Italia, negli ultimi due anni, si è registrato un aumento del 75% dei casi: ancora una volta, la fascia di età più coinvolta è quella dei giovani e dei giovanissimi, che registra la media di un tentato suicidio al giorno. ( I dati emergono dall’ultimo report dell’Osservatorio suicidi della fondazione Brf dedicata alla prevenzione del suicidio).

Numeri in linea anche con quelli dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che indicano da tempo che il rischio di suicidio, durante l’adolescenza e la preadolescenza è alto ed è particolarmente diffuso nei Paesi a basso e medio reddito. Di fatto, rappresenta la seconda causa di morte nei giovani tra i 10 e i 24 anni (World Health Organization, 2018).

“Ogni giorno in Italia un bambino o un adolescente tenta il suicidio o comunque mette in atto comportamenti autolesivi. Quasi 46mila adolescenti muoiono a causa di suicidio ogni anno, più di uno ogni 11 minuti. Interrogarsi sul fenomeno del suicidio in età evolutiva costituisce, pertanto, una priorità assoluta perché è necessaria una linea di intervento consolidata per arginare la possibilità che bambini e ragazzi possano ancora interrompere le proprie esistenze, con l’intento vano di chiedere aiuto”.

E’ questo il grido di allarme lanciato da Rosa Cappelluccio, psicologa e psicoterapeuta cognitivo-comportamentale, docente e supervisore dell’Istituto A. T. Beck, che ha curato l’edizione italiana del libro Dbt Skills nelle scuole, training per la regolazione emotiva negli adolescenti.

Secondo gli ultimi dati l’80% dei tentativi di suicidio è messo in atto da bambini e ragazzi dell’età media di 15 anni: dottoressa, quali sono le cause e cosa scatta nella testa di giovani adolescenti con tutta la vita davanti?

Modelli familiari disfunzionali, eventi traumatici ed avversi durante l’infanzia possono essere alla base del rischio suicidario, così come una vulnerabilità emotiva, uno stile cognitivo instabile, impulsivo, irritabile, aggressivo, antisociale e con schemi di pensiero e di coping rigidi che possono essere associati a tentato suicidio o suicidio. I ragazzi si ritrovano, il più delle volte, a vivere una disregolazione emotiva e comportamentale, dove manca l’apprendimento di skills per potersi comportare con consapevolezza. Ed è proprio la mancanza di consapevolezza a far sì che gli adolescenti vivano “al buio” in preda a stati emotivi tempestosi e burrascosi, generando sofferenza interiore e comportamenti disfunzionali: una strada impervia che può, in alcuni casi, condurre a drammatiche situazioni in cui il suicidio potrebbe rivelarsi, agli occhi dei più giovani, l’unica alternativa possibile.

Quanto afferma mette i brividi, che tipo di famiglia c’è alle spalle di tanta sofferenza giovanile e, soprattutto, quali sono i segnali che un genitore deve imparare a riconoscere?

Ci sono famiglie spesso sovraccaricate, stressate e poco attente. Genitori e adulti frettolosi che mostrano fatica nell’ascoltare i bisogni “irrinunciabili” dei figli. E invece i piccoli chiedono di essere visti e ascoltati, di non essere lasciati da soli da chi ha il compito di ascoltare, proteggere e amare. Un tentato suicidio, o campanelli d’allarme che richiamano temi simili, dovrebbero chiamare in causa gli adulti di riferimento, tenendo conto di tutto ciò di cui ha bisogno il giovane, ma non soltanto da un punto di vista materiale e tangibile, tutt’altro. É vitale accogliere le richieste di bambini e ragazzi, spesso “invisibili” perché nascoste dietro a pretesti e a capricci. I segnali che un adulto può scorgere in un figlio a rischio suicidario sono molteplici e non sono solo relativi ad uno stato depressivo o a disturbi conclamati. Ci potrebbe essere una maggiore impulsività, un’autosvalutazione significativa, una difficoltà a gestire la rabbia, disregolazione emotiva e comportamentale, una tendenza al perfezionismo, una scarsa capacità di problem solving, un ritiro sociale, un abuso di sostanze, storie di bullismo, una sessualità precoce.

Siamo all’inizio del nuovo anno scolastico, quanto incide sui giovani studenti l’ansia da prestazione e come la si combatte?

I nostri ragazzi, fin da piccolissimi sono condizionati fortemente da adulti richiedenti ed esigenti. Si tratta di genitori e caregivers che alzano l’asticella di continuo e che confondono bambini e ragazzi con delle prestazioni, strutturando in loro standard elevati e severi. I danni di questo stile sono drammatici ed è qui che si annovera il suicidio. L’ansia da prestazione diventa un problema insormontabile ed invece merita di essere trattata da professionisti che intervengono sull’intero sistema del piccolo.

Si è parlato tanto della figura dello psicologo a scuola, negli Istituti dove questo è già realtà la figura di un esperto sembra essere l’arma vincente ai fini della prevenzione. Lì dove manca la figura professionale, cosa possono fare docenti e dirigenti scolastici per prevenire l’allarmante incremento di suicidi giovanili?

Intanto mi lasci ribadire che la presenza di esperti a scuola è indispensabile e anche auspicabile col fine di lavorare sull’apprendimento di skills per regolare le emozioni, per tollerare la sofferenza, per lavorare sulla consapevolezza e per migliorare le relazioni interpersonali. Insieme al mio gruppo di lavoro, intervengo con i programmi DBT (Dialectical Behavioral Therapy), ad esempio, a partire dall’asilo e dalla scuola materna in modo da proporre un modello d’intervento educativo senza il rischio di arrivare troppo tardi, mitigando quindi i principali fattori di rischio. Non si può fingere di non vedere, non si può sempre e solo credere di potersi lamentare dei comportamenti rischiosi dei ragazzi senza sentirsi chiamato in causa in prima persona.

Non dobbiamo dimenticare che i nostri ragazzi presentano quadri preoccupanti di depressione, ansia, aggressività, disturbi alimentari, autolesionismo, ma anche disturbi dell’umore e dipendenze da sostanze e da comportamento.

L’adulto, sia in famiglia sia a scuola, ha il dovere di fornire ai propri piccoli gli strumenti adeguati per essere efficaci nella quotidianità e nella vita, per riuscire a dare loro la possibilità di sperimentarsi in autonomia e con consapevolezza, permettendo loro di accedere alle proprie risorse interiori, e riducendo, in questo modo anche il rischio di suicidio. Dice Ted Satterthwaite: “L’adolescenza è un periodo delicato e vulnerabile ma non a causa del fatto che ci sia qualcosa di squilibrato nella mente dei ragazzi”.

AUTORE: Morgese T., 17/09/2023

FONTE: https://www.orizzontescuola.it/

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